Testa inclinata, mani in tasca, passo lento: forse hai mille pensieri. Testa alta, spalle strette, mani serrate e passo deciso: forse la rabbia ti pervade. Sguardo calmo che esplora ogni angolo, camminata saltellata, braccia che oscillano più del solito: forse sei felice.

Questi comportamenti, insieme alle espressioni facciali, ci aiutano a comprendere lo stato d’animo delle persone. E da qualche tempo aiutano anche le macchine.

I ricercatori dell’Università del Maryland hanno sviluppato un algoritmo chiamato ProXemo che permette a un piccolo robot su ruote di analizzare la tua camminata e indovinare come ti senti.

I robot capiranno come ti senti e ti aiuteranno

Perché sviluppare un algoritmo come ProXemo? Non siamo bravi a leggere le emozioni delle persone che ci circondano?

Non si tratta di essere capaci o meno, anche perché le macchine un giorno potrebbero essere anche migliori di noi in questo compito.

Si tratta piuttosto di avere un supporto dai robot, come ha spiegato a Wired il roboticista Aniket Brera: “Se qualcuno si sente triste o confuso, il robot può avvicinarsi e dire ‘Oh, sei triste oggi, hai bisogno d’aiuto?’

Immagina un piccolo robot che ti vede mentre sei in strada a guardarti intorno di continuo e a fare piccoli passi in ogni direzione. Potrebbe chiederti se hai bisogno di informazioni stradali. Oppure che ti osserva mentre cammini con ansia senza una direzione precisa: potrebbe aver capito che stai cercando qualcuno che si è perso tra la folla, magari un bambino, e aiutarti a chiamare la polizia o qualsiasi altro servizio di emergenza.

Ok, è anche vero che avere dei robot sparsi qui e là che ti osservano è inquietante. Ma oggi in molte città ci sono videocamere di sorveglianza che sono altrettanto preoccupanti in termini di privacy. Ma prima scopriamo qualcosa di più su ProXemo.

Come è nato ProXemo?

Si parte dagli umani. Gli scienziati hanno osservato un gruppo di persone che guardavano altre persone mentre camminavano. A chi guardava hanno poi chiesto cosa pensassero dello stato emotivo dei camminatori. I ricercatori hanno quindi raccolto i dati (soggettivi) e li hanno correlati con i dati sul tipo di andatura di ogni persona.

Poiché i giudizi soggettivi non bastano per sviluppare un robot, gli scienziati hanno usato degli algoritmi che analizzavano i video dei camminatori. Hanno sovrapposto le immagini di ogni camminatore a uno scheletro digitale con 16 articolazioni. Dopo, con algoritmi di deep learning, hanno associato determinate andature con determinate emozioni in base a quelle che erano state le percezioni degli osservatori.

Fonte: Wired

Così è nato ProXemo che alla fine è stato caricato in Jackal, il robot a quattro ruote di Clearpath, sui cui è stata posizionata una videocamera. Mentre ProXemo va in giro, la videocamera cattura le immagini dei passanti a cui sovrappone il modello dello scheletro digitale sviluppato con i dati oggettivi. Ed ecco come ProXemo può indovinare le tue emozioni.

C’è ancora tanto da migliorare, però. Non bisogna dimenticare che l’algoritmo e il robot sono stati addestrati in un ambiente chiuso e controllato, senza le interferenze esterne del mondo “reale” (distanze, folla, vestiti, ostacoli, meteo e così via).

Come sarà il futuro con ProXemo?

Immagina la capacità di ProXemo combinata con quella di un algoritmo in grado di identificare le espressioni facciali. Ad esempio, gli scienziati sono al lavoro persino su algoritmi in grado di rilevare la depressione in base alle espressioni del volto, per cui questi sistemi potranno essere ancora più sofisticati nelle misurazioni.

Sistemi più precisi ridurrebbero gli interventi sbagliati dei robot. Non vogliamo macchine che disturbino, che ci rotolino fra i piedi, che causino incidenti o che commettano troppi errori: ci sono già gli umani per questo.

In futuro una versione potenziata di ProXemo potrebbe essere installata in robot che controllano strade, parchi o centri commerciali affollati. Non ci sarebbe nulla di grave se i robot con questo software risultassero per nulla invadenti.

Il vero problema si presenterebbe nel caso in cui l’algoritmo venisse alimentato anche con i dati di sistemi di riconoscimento facciale, che è un po’ diverso rispetto a un sistema che si limita ad identificare le espressioni di un volto e le emozioni.

Un sistema di riconoscimento facciale è in grado di riconoscere il tuo volto tra migliaia e risalire alla tua identità. E se vivi in un paese in cui i sistemi di sorveglianza sono aggressivi, allora la questione diventa più delicata.

Un programma come ProXemo, unito a un sistema di riconoscimento facciale, in un paese in cui la privacy non è tutelata, può essere un problema.

Metti che un giorno uscendo dal centro commerciale dimentichi dove hai parcheggiato l’auto. Il parcheggio è enorme, ci sono centinaia di auto, inizi a preoccuparti e ad agitarti perché inizi persino a pensare che forse qualcuno l’ha rubata.

Il robot legge il tuo comportamento e le tue emozioni, ti si avvicina e ti chiede come va e cosa succede. Tu lo ignori perché se in preda allo stress e al nervosismo. Il robot non ricevendo risposta e osservando la tua camminata veloce e insicura tra le auto del parcheggio, rileva un comportamento sospetto e lo segnala alle autorità.

Le autorità arrivano subito, spieghi semplicemente che non trovi l’auto e che temi l’abbiano rubata, ma nel frattempo ti chiedono chi sei, da dove vieni, qual è la tua auto, che lavoro fai e dove, cosa hai comprato. Infine ti chiedono anche di seguirli in caserma per farti altre domande e conoscere altri aspetti della tua vita.

E pensare che avevi solo dimenticato dove avevi parcheggiato. Esagerato? Dai un’occhiata a quello che sta succedendo in Cina e prova a immaginare uno dei futuri possibili.

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