Il noto inventore e futurista Ray Kurzweil ha spiegato cosa succederà quando connetteremo il cervello al cloud.

Oggi i computer e i cellulari sono miliardi di volte più potenti rispetto a un decennio fa. Ci permettono di tradurre lingue, navigare sul web e trovare risposte. Secondo l’esperto, in futuro faremo a meno di questi dispositivi grazie a una connessione diretta tra cervello e cloud.

 

Kurzweil spiega la connessione cervello-cloud

“La cosa più interessante sarà connettere la propria neocorteccia al cloud. Oggi non posso comunicare in modalità wireless con il cloud. Lo faccio attraverso i miei dispositivi. Quindi devo prendere il mio dispositivo e usare le mie dita e i miei occhi. [In futuro] lo farò direttamente dalla mia neocorteccia perché questi dispositivi comunicheranno tra loro su una rete locale del cervello e comunicheranno anche con internet e il cloud, ed estenderanno il pensiero umano.

Quindi, voglio dire, uno scenario è quello di eseguire servizi di informazione come la ricerca e la traduzione direttamente dal proprio cervello, senza avere scocciature con questi dispositivi. C’è un collo di bottiglia nella comunicazione con questi: si è particolarmente lenti nel digitare su questi piccoli dispositivi. Si può usare anche la lingua parlata, ma anche quella è lenta.

Quindi saremo in grado di farlo direttamente dal nostro cervello. Ma questa non è nemmeno la cosa più interessante. La cosa più importante sarà estendere la propria neocorteccia con la neocorteccia sintetica nel cloud. Lo smartphone, accennavo, è parecchi miliardi di volte più potente per dollaro rispetto al computer che ho usato quando ero un studente a causa della crescita esponenziale. Ma poi può moltiplicare se stesso un altro milione di volte connettendosi a milioni di computer nel cloud.

Le cose più interessanti che avvengono sul tuo smartphone, fare una ricerca, una traduzione o qualche altro tipo di transazione intelligente, non avvengono nel dispositivo, anche se è miliardi di volte più potente per dollaro rispetto ai computer degli anni ’60. Avvengono nei milioni di computer con cui comunica in modalità wireless. Non possiamo farlo direttamente dai nostri cervelli. Lo facciamo indirettamente, come dicevo, attraverso questi dispositivi.

[In futuro] lo faremo direttamente e l’applicazione più interessante sarà quella di connettersi alla neocorteccia sintetica. Funzionerà proprio come la tua neocorteccia biologica e il tuo pensiero sarà un ibrido con il tuo pensiero biologico, i 300 milioni di moduli neocorticali che noi tutti abbiamo, e un certo numero di moduli neocorticali che sono simulati nel cloud.

Il cloud è pura tecnologia informatica. È soggetto alla legge dei ritorni acceleranti. Sta raddoppiando in potenza ogni anno mentre parliamo. Ciò continuerà. Prima ho detto che 2 milioni di anni fa abbiamo avuto questa neocorteccia aggiuntiva nelle nostre fronti; quella è stata un’occasione irripetibile perché ha reso i nostri crani più grandi e il parto più impegnativo. Non potevano continuare a crescere perché il parto sarebbe stato impossibile, quindi è stata un’occasione unica, ma c’era abbastanza neocorteccia aggiuntiva per portarci oltre la soglia per inventare il linguaggio, l’arte, la scienza e la tecnologia.

Ora la tecnologia si sta basando su quello che è successo 2 milioni di anni fa. Questa neocorteccia aggiuntiva che è sintetica, che è nel cloud, non sarà un’occasione irripetibile. Continuerà ad espandersi. Sarà soggetta alla legge dei ritorni acceleranti. Alla fine il nostro pensiero sarà predominato dalla neocorteccia sintetica. In definitiva, sarà così potente e così intelligente che sarà in grado di comprendere a pieno la parte biologica, di modellarla e di farne il back up.

E una delle cose belle di qualsiasi tecnologia digitale è che soggetta a back up. Ciò non è ancora possibile con il nostro cervello. Alcune persone parlano di catturare il file della mente. Beh, il file della mente sarà in gran parte nel cloud perché il nostro pensiero sarà per lo più nel cloud. Alla fine il cloud sarà abbastanza intelligente da capire in qualche modo cosa succede nella parte biologica. Quindi tutto sarà soggetto a back up. A quel punto saremo ibridi, ma l’ibrido sarà diventato qualcosa basato sul cloud. Sai, ci muoviamo verso gli anni del 2040, quando ci sarà davvero la singolarità, entro la metà degli anni del 2040.

E per quanto riguarda sapere chi è chi, è già un problema. Voglio dire, le persone comunicano nel cloud entrando in una chat room ed è già un problema. Le persone sono davvero chi dicono di essere? Possono esserci forme di abuso dove le persone dicono di essere qualcun altro. Oppure forme di furto economico. Oggi vengono fatti tutti i tipi di scenari negativi. Stiamo migliorando la nostra tecnologia per verificare chi è chi. Penso davvero che questa capacità stia superando la capacità delle persone di ingannare gli altri, ma non ci siamo ancora.

La privacy è un grande problema perché ‘Oh mio dio, se tutto il mio pensiero è nel cloud perderò la mia privacy’. Ma in realtà il tuo pensiero è già nel cloud. Tutte le tue email, i messaggi, le foto e così via sono tutte nel cloud. La tecnologia della privacy sta davvero superando la tecnologia della disgregazione della privacy. La crittografia è la base della privacy e le tecnologie di crittografia hanno superato la decrittazione.

C’era un periodo in cui le persone dicevano: ‘Mamma mia, sta arrivando il calcolo quantistico e sarà in grado di spezzare qualsiasi codice di crittografia, e sarà la fine della privacy’. Il quantum computing non è arrivato e ho dei dubbi se mai arriverà. La crittografia quantistica, però, è arrivata. E anche se PGP, Pretty Good Privacy, usa grandi numeri fattorizzati, se si usa la crittografia a 200 bit, è essenzialmente inviolabile. Alla fine potresti trasformare ogni molecola in un computer nell’universo e non saresti in grado di violarlo in un miliardo di anni se avessi abbastanza bit di crittografia. E avresti bisogno solo di 1000 bit per questo.

Quindi in realtà sappiamo già come mantenere le informazioni sicure. Credo che la privacy alla fine sarà viva e vegeta. Ci sono problemi sociali legittimi. Voglio dire, le persone vogliono che le forze dell’ordine catturino i terroristi prima che possano causare distruzione. Ma ciò significa invadere la privacy di questi terroristi. Quindi ci sono davvero problemi sociali e politici sul dove sia il giusto equilibrio.

Ma non è il nostro pensiero che va nel cloud che rende il problema dell’autenticazione dell’identità delle persone un problema. Lo è già.”

 

Tra presente e futuro

Stavolta Ray Kurzweil ha fornito qualche dettaglio in più sul pensiero ibrido. Non tanto sulla tecnologia che ci permetterà di connettere il cervello al cloud tramite nanobot, ma sulle questioni che vi girano intorno. Quella della privacy, ad esempio, è quella più delicata e che preoccupa tantissime persone.

Kurzweil sostiene i rischi per la privacy non arriveranno con lo sviluppo di una tecnologia come questa. Già esistono perché molte informazioni che condividiamo sono già memorizzate nei cloud. Messaggistica, foto, ricerche: questo e molto altro è memorizzato in server remoti. E questi dati dicono molto di noi e delle nostre abitudini.

Secondo il futurista, abbiamo fatto grandi passi in avanti per quanto riguarda la protezione di questi sistemi. Certo, non tutti sono sicuri al 100% da attacchi esterni. Questo dipende dalle risorse economiche e dalle conoscenze informatiche a disposizione. C’è ancora del lavoro da fare sulle tecnologie per la protezione della privacy, ma Kurzweil è ottimista.

L’esempio del terrorismo è calzante. Se vogliamo essere più al sicuro, dovremmo affidarci a tecnologie che procurino accesso ai dati personali? Edward Snowden si è espresso diverse volte su questo argomento. Con la sorveglianza di massa non si risolve il problema del terrorismo. Raccogliere enormi quantità di dati non fa che aumentare la mole di lavoro e le incertezze.

Quindi il problema è attuale, non futuro. I rischi che potrebbero nascere con la possibilità di connettere il cervello al cloud sono gli stessi di quelli che oggi affrontiamo nella comunicazione digitale. La soluzione, come ha detto anche Kurzweil, è trovare il giusto equilibrio dell’uso di queste tecnologie. Non è facile, ma non è nemmeno impossibile.

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Foto: Flickr

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