Il potenziamento del cervello non riguarda più solo la fantascienza. Grazie ai progressi fatti nell’ambito delle scienze neurali, diventa sempre più possibile. Un giorno potremo scegliere di aumentare le nostre capacità cerebrali. Qualcuno lo farà per seguire trattamenti di malattie neurodegenerative. Qualcun altro lo farà per sfruttare le opportunità di una super-intelligenza.

 

Potenziamento del cervello: una realtà nel 2030?

Gli scienziati Mikhail Lebedev, Ioan Opris e Manuel Casanova hanno pubblicato una vasta raccolta di ricerche sul potenziamento del cervello. La raccolta si chiama “Augmentation of brain function: facts, fiction and controversy“. È stata pubblicata da Frontiers e comprende 149 articoli scientifici di oltre 600 autori. Vi sono descritte le attuali possibilità del potenziamento del cervello, le proposte future e le implicazioni etiche e legali che queste tecnologie implicheranno.

Ma che cos’è il potenziamento del cervello? Il direttore del progetto, Mikhail Lebedev, lo spiega con parole semplici: “Il potenziamento del cervello è in sostanza l’idea di usare la tecnologia per migliorare il cervello di una persona normale o per riparare il cervello di una persona con condizioni neurologiche“.

Secondo Lebedev, il potenziamento del cervello nel 2030 farà parte della vita quotidiana. Gli impianti potenzieranno la nostra intelligenza e ci renderanno più “cyborg” di quanto possiamo diventarlo oggi.

Esistono 3 approcci principali per raggiungere questo obiettivo.

Il primo riguarda la registrazione delle informazioni che provengono dal cervello. Tali informazioni verranno decodificate attraverso un computer o un’interfaccia e verranno poi usate per raggiungere diversi scopi.

Il secondo approccio è influenzare il cervello attraverso la stimolazione con farmaci o con elettricità. In questo modo si può “stimolare il cervello a produrre percezioni artificiali, come il senso del tatto o la vista per i non vedenti“, ha detto Lebedev. “Oppure si potrebbero stimolare determinate aree per migliorare le loro funzioni, come la memoria migliorata, l’attenzione. Puoi anche collegare due cervelli: un cervello stimola l’altro, come quello in cui gli scienziati hanno trasferito memorie di un topo a un altro.”

Alcuni definirebbero “futuristico” il terzo e ultimo approccio. Perché si tratta di trasformare l’umano in cyborg. Ma i cyborg sono già tra noi, come sostiene anche Chris Hables Gray. È un cyborg chi ha un pacemaker oppure chi ha un impianto cocleare, ad esempio.

In ogni caso, Lebedev sostiene che questa terza possibilità solleverà questioni etiche e filosofiche di rilievo. Suggerisce che bisogna affrontare questi problemi il prima possibile perché tra 10 anni dovremo confrontarci con tutto ciò.

Al momento, però, questa tecnologia non rappresenta un pericolo. “Credo che alcune persone potrebbero pensare che sia pericoloso“, ha affermato Lebedev. “Ma questo è esattamente il motivo per cui abbiamo organizzato questa discussione. Volevamo coprire le questioni scientificamente, in particolare i documenti che forniscono un’istantanea della situazione attuale.

 

Rischi etici

Il problema principale, secondo Lebedev, sarà la possibilità di interferire con la coscienza di qualcun altro. “Naturalmente nessuno sa cosa sia la coscienza, ma eticamente è chiaro, non si vuole interferire con una persona nella misura in cui la sua coscienza o individualità possa cambiare“.

Uno degli studi presenti nella raccolta descrive un approccio farmacologico per il potenziamento del cervello. Una tecnica che ha migliorato le funzioni del cervello temporaneamente, ma che ha portato cambiamenti nel cervello. Quindi Lebedev si chiede: “Dovrebbe essere permesso di fare questo oppure no?”. Una domanda che di sicuro ottiene risposte diverse e non ben definite. Almeno per ora.

Il potenziamento del cervello e delle sue capacità, infatti, è ancora un territorio da esplorare. È importante però specificare che questo potenziamento non rende gli umani capaci di azioni da supereroi. Attualmente è possibile migliorare la concentrazione, la memoria e praticare trattamenti per disabilità sensoriali.

Ad esempio, grazie a delle neurotecnologie, alcune persone hanno ripristinato il senso del tatto o il movimento di un arto. Molte di queste tecnologie sono ancora in fase di sperimentazione e necessitano di ulteriori miglioramenti prima di essere messe sul mercato.

Il mercato: un altro fattore che potrebbe rientrare nei rischi etici. Il motivo è semplice e riguarda l’accessibilità. Cosa succederebbe se arrivassimo a un punto in cui il divario tra chi potrà permettersi queste tecnologie e chi no diventasse notevole? Solo che necessiterà di cure mediche potrà accedere a queste tecnologie oppure anche chi non avrà particolare esigenze? Esiste il rischio di una spaccatura sociale tra gli umani aumentati e quelli non aumentati?

Queste sono solo alcune delle questioni che riguardano il potenziamento umano in generale. E come sostiene anche Lebedev, sono questioni più vicine di quanto possiamo immaginare.

 

Un altro sguardo al futuro

Lebedev ha poi messo in paragone cervello e computer: “Il cervello produce molte capacità, produce coscienza. Ma allo stesso tempo i computer possono fare le stesse cose molto meglio del cervello. Le fanno in modo diverso. Per esempio, giocano meglio a scacchi, fanno meglio i calcoli matematici, possono anche memorizzare meglio. Quindi probabilmente nel prossimo futuro il fornire super-intelligenza agli umani potrebbe aumentare le capacità del cervello umano.

Lebedev, inoltre, vede diversi potenziali tipi di applicazione per questa tecnologia. “Non la vedo necessariamente come un’interfaccia diretta di questi dispositivi con il cervello. Ci sono ancora molte aree da sviluppare adesso usando sensori normali. Si possono avere occhiali che aumentano la realtà e così via. Prima di tutto, vedremo il potenziamento sensoriale. Le disabilità sensoriali non saranno più un problema. Se una persona è cieca allora ci saranno modi per ripristinare la vista. Oppure se una persona è paralizzata e non può sentire [tattilmente], le sensazioni verranno ripristinate.

Il ricercatore è convinto che ad un certo punto svilupperemo interfacce incorporate, degli “eso-cervelli”. Forse tra circa 20 anni: “Oltre a ciò, possiamo speculare che forse ci saranno comunicazioni da cervello a cervello, in modo da potersi connettere ad un’altra persona e scambiare direttamente i pensieri. Ma questo è improbabile che avvenga prima di altri 20 anni da adesso, forse tra 50 anni.

Lebedev spera che gli scienziati riusciranno a costruire un dispositivo completamente impiantabile nel cervello. Al momento non ci sono gli strumenti necessari per riuscirci. I problemi più grandi per questo tipo di interfaccia sono la fonte di alimentazione energetica e un sistema di comunicazione wireless.

Ma per alcuni scienziati, compreso il co-editore del progetto Ioan Opris, è solo questione di tempo: “Sarete stupiti di quanto saremo avanzati nel 2030. Ci sono tante possibilità quante le immaginazioni dei ricercatori.

Intanto esistono già alcuni dispositivi in grado di sfruttare le onde cerebrali per procurare alcuni benefici, come relax e concentrazione. Dai un’occhiata alle 9 aziende che vogliono entrare nel tuo cervello. E poi immagina cosa potremo fare tra 20 anni.

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Fonte: Newsweek
Immagine: Freepik

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