Apocalisse robotica? No, grazie. Kevin Kelly, cofondatore di Wired e studioso della cultura digitale, ci dice di stare tranquilli. Le macchine non prenderanno il controllo dell’umanità. E se lo afferma uno che con le previsioni ci sa fare, allora dovremmo davvero rilassarci e pensare ai vantaggi della collaborazione uomo-macchina.

Nel suo ultimo libro “The Inevitable: Understanding the 12 Technological Forces that Will Shape Our Future“, Kelly illustra le tendenze del progresso tecnologico che temiamo di più. Possiamo conoscere qualche dettaglio a riguardo grazie a una recente intervista per Slack. Kelly spiega la sua visione sul futuro del lavoro e perché dovremmo mettere da parte le ansie che derivano da questo progresso tecnologico.

 

Umani e macchine insieme per trasformare il futuro del lavoro

– Perché pensi che ci sia così tanta paura per l’automazione e l’IA?

La nostra intelligenza è così centrale per la nostra identità che, quando qualcuno suggerisce che possiamo sintetizzarla e installarla in altre cose, ci svuota subito della nostra identità e diciamo: “Cosa faremo?”. Se c’è una traccia che in qualche modo ci dice che è migliore, che altre cose sono migliori, allora diciamo tipo “Per noi è finita”. C’è un collegamento diretto 1-2. Nessuno ha avuto problemi nel fare questo passaggio: non sono rilevante, non sono necessario.

Penso che questo scenario, dove queste IA arrivano e prendono il sopravvento, sia molto hollywoodiano, molto cinematografico. Questa storia è così chiara che è molto difficile avere una storia alternativa.

Nel mio libro provo a creare uno scenario alternativo dell’IA, dove c’è una cosa buona per tutti, dove prosperiamo, dove l’umanità è migliore e sta migliorando. Ma devo dire che è un’immagine difficile da creare perché è complessa, ricca di sfumature e plurale. Ci sono molte possibilità, mentre nella versione alternativa di Hollywood c’è solo una storia: noi moriamo.

– Descrivi il futuro della tecnologia come una serie di aggiornamenti infiniti dove siamo tutti neofiti perpetui. Avremo bisogno di pensare a noi stessi come bisognosi di aggiornamenti costanti?

Suggerisco che lo stiamo rendendo davvero un programma chiaro – dire che siamo dipendenti dalla tecnologia che stiamo costruendo e che ci rende migliori. Ciò comporta il costante apprendere, ri-apprendere e disapprendere. Quest’abilità diventerà abbastanza centrale per chiunque, qualsiasi tipo di lavoro o di gioco si stia facendo.

Ci confronteremo con nuove cose che ci faranno decidere se non sono per noi o se vorremo avere familiarità con esse e integrarle in ciò che facciamo. Poi dovremo essere pronti a lasciarle quando arriverà qualcosa di nuovo. Quando ero un ragazzino, non era questo che ci veniva insegnato a scuola. C’era un preciso senso del tipo: “Qui ci sono le abilità di cui avete bisogno. Se le padroneggiate, siete a posto.”. Ciò non è più vero.

– Molta della soddisfazione sul lavoro, della felicità delle persone proviene da un senso di competenza. Cosa succede alla maestria in un mondo dove siamo sempre neofiti? Cosa fa questo ritmo crescente della tecnologia all’idea di essere davvero grandi in qualcosa?

Nel mio studio sulla tecnologia ero davvero sorpreso di scoprire che in realtà, su scala globale planetaria, non c’è stata alcuna tecnologia che si sia estinta. Nessuna. Ci sono più fabbri vivi oggi come mai nella storia. Ci sono più persone che fanno telescopi a mano come mai nella storia. Ci sono più maestri nella lavorazione della selce, della punta delle frecce come mai [nella storia]. Sto parlando di numeri assoluti, anziché di percentuali. Il punto è che l’opzione per chi vuole padroneggiare qualcosa c’è ancora.

Semplicemente non ce ne saranno più tanti di quella particolare specie, qualunque essa sia. Se sei bravo con Excel, ci sarà certamente un ruolo per te per molto, molto tempo. Ma non ci possono essere molti come te. In futuro sarà più facile trovare quella persona. Per qualsiasi motivo, durante l’anno 2070, se ce ne sarà bisogno, sarà possibile trovare nel mondo le tre persone sanno usare ancora Excel.

Credo che la maggior parte della maestria, però, sarà al meta-livello. Se si desidera una risposta, si chiederà a una macchina. Molta maestria risiederà nelle IA e nel tipo di sistemi che costruiremo. [L’IA] saprà come trovare la giusta persona, saprà come accedere a quella competenza.

– In un’altra parte del libro che parla di trovare un significato nel lavoro, si parla di come i nuovi strumenti e le piattaforme online abbiano portato a una maggiore collaborazione. Come funziona nel modo in cui abbiamo tradizionalmente strutturato il lavoro umano, nel modo in cui organizziamo la nostra vita di lavoro?

Le tendenze a lungo termine che vediamo nel mondo delle istituzioni sono state questo decentramento di ogni genere di cose. Per guidare un esercito in epoca romana, c’era il generale che dava ordini ai fanti perché il flusso di informazioni è stato limitato in modo tale che in seguito gli ordini fossero il modo migliore per fare le cose nei grandi gruppi.

Ora abbiamo la comunicazione peer-to-peer che rende possibile modi migliori per lavorare insieme. Continueremo questo spostamento verso una maggiore collaborazione, a livelli sempre più alti. In scale sempre più larghe. Le tecnologie che stiamo inventando ci consentono di collaborare in tempo reale al livello di un miliardo di persone. Credo che cambi le opportunità che abbiamo nel lavoro. Questo ci permetterà di fare molte, molte nuove cose che non avevamo nemmeno immaginato prima.

 

Ottimismo?

Inutile negarlo. Quando leggiamo dati come quelli dello studio di McKinsey che ci mostra quali attività lavorative verranno svolte dalle macchine al posto nostro, iniziamo a preoccuparci un po’. Anche se la trasformazione, il cambiamento, non avverrà dall’oggi al domani.

Kevin Kelly, però, ci rassicura: ci dice che gli scenari peggiori sono solo l’influenza di storie cinematografiche e che continueremo a sviluppare le nostre competenze, ma in modo diverso. L’esempio del suo passato scolastico è molto chiaro: gli istituti di istruzione fornivano certe competenze e conoscenze. Se sapevi farle tue, avevi buone possibilità di trovare un lavoro. Ma le cose stanno cambiando e in futuro, per poter andare avanti, dovremo imparare tante cose diverse. E dovremo impararle di nuovo e a farle meglio a causa del ritmo accelerato del progresso tecnologico. Sarà una sorta di “prendi l’arte e mettila da parte” di livello esponenziale.

Questo significa nuove opportunità. Non possiamo nemmeno immaginare quali e quante nuove competenze saranno necessarie, quali e quanti lavori nuovi ci saranno. Lavori che, secondo Kelly, avranno a che fare con una maggiore collaborazione con le macchine, altro che sostituzione. Magari saranno i sistemi di IA a cercare il lavoro adatto a noi in base al momento, alle nostre capacità e ai nostri bisogni. I robot potranno essere degli assi nelle attività meccaniche, ripetitive e di precisione. Ma il lavoro non è e non sarà solo quello, soprattutto perché il futuro sarà accesso, non possesso, come sostiene lo stesso Kelly.

Anche in passato Kevin Kelly ha provato a rassicurarci mostrandoci 4 motivi per non temere la super intelligenza artificiale. Insomma, fa parte di quel gruppo di ottimisti che prevede un futuro meno difficile di quanto si pensi in generale. Tra questi c’è anche Ray Kurzweil che non è affatto preoccupato dei robot che “ruberanno il lavoro” e che proprio di recente si è espresso sul futuro del lavoro in modo positivo.

Noi e le macchine insieme possiamo fare grandi cose, questo è poco ma sicuro. L’importante è non lasciarsi trasportare troppo dall’entusiasmo e dall’ottimismo svolgendo un ruolo passivo in questo cambiamento. In questa fase di transizione dobbiamo prestare attenzione non solo alle possibilità, ma anche ai rischi di tipo economico, sociale ed etico.

Il futuro passerà sempre attraverso le nostre mani.

Fonte: Slack
Foto: Flickr

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