L’impatto dell’automazione sul lavoro cattura sempre di più l’attenzione: le macchine ci sostituiranno davvero nel lavoro? Quando? Quali lavori sono più a rischio? Ci saranno delle conseguenze positive? Queste sono più o meno le domande che esperti e non si stanno chiedendo negli ultimi tempi per la costante automazione dei processi lavorativi a cui stiamo assistendo.

Una delle ultime ricerche a riguardo, che ha sfruttato però dati provenienti dagli Stati Uniti d’America, è stata condotta dalla nota McKinsey Company. I sui risultati sono stati il frutto dell’analisi di più di 2.000 attività di lavoro relative ad 800 occupazioni e includono i dati forniti dallo U.S. Bureau of Labor Statistics.

E potrebbero esserci delle buone notizie. Molto dipende dal tipo di lavoro che si svolge, ovvero se questo richiede attività fisica o l’uso di macchinari.

Automazione e lavoro secondo McKinsey

La ricerca di McKinsey mostra come la situazione sia più articolata di quanto si immagini. Lo studio è iniziato l’anno scorso, ora hanno aggiunto dettagli intermedi e nel 2017 avremo i risultati definitivi. Intanto è stata tratta una prima conclusione: l’automazione eliminerà del tutto pochissimi lavori entro il prossimo decennio. Ma per saperne di più è meglio soffermarsi su alcuni dettagli.

L’anno scorso McKinsey aveva dimostrato che le tecnologie attuali avrebbero automatizzato il 45% delle attività svolte dalle persone. Quest’anno la società americana ha analizzato la possibilità che l’automazione colpisca 3 gruppi di attività lavorative: un gruppo con alta probabilità di automazione, uno con meno probabilità e un altro con minori probabilità. Per ogni gruppo, gli analisti hanno poi studiato i settori e le occupazioni in cui i robot e le macchine hanno più o meno possibilità di sostituire il lavoro umano.

Molti tipi di attività nel settore industriale hanno il potenziale per essere automatizzati, ma questo potenziale cambia in modo significativo nelle diverse mansioni. Infatti, secondo i tecnici di McKinsey, analizzare le attività lavorative piuttosto che le professioni è il modo più accurato per misurare la fattibilità tecnica dell’automazione.

Prima di scoprire i risultati della ricerca, bisogna soffermarsi un attimo sul significato di un paio di espressioni. Ad esempio, cosa si intende con fattibilità tecnica? Nel rapporto si legge: “Fattibilità tecnica, la percentuale del tempo trascorso per le attività che possono essere automatizzate adattando l’attuale tecnologia dimostrata“. E qual è l’attuale tecnologia dimostrata (in lingua originale “the currently demonstrated technology“)? Sono quelle tecnologie “che hanno già esibito il livello di prestazioni e affidabilità necessarie per automatizzare una o più delle 18 funzioni coinvolte nello svolgimento delle attività lavorative.“.In sostanza, secondo il rapporto di McKinsey l’automazione dipenderà principalmente da 5 fattori:

  1. fattibilità tecnica
  2. costi per l’automazione
  3. scarsità, abilità e costo dei lavoratori che altrimenti potrebbero svolgere l’attività
  4. benefici dell’automazione oltre alla sostituzione del costo del lavoro
  5. considerazioni su normative e accettazione sociale

 

Le interazioni tra questi fattori, le loro relazioni, influenzeranno il processo di automazione di un’attività lavorativa. Ma anche quando le macchine sostituiranno delle attività, non significherà necessariamente l’eliminazione delle mansioni eseguibili dalle persone per quel determinato settore lavorativo.


Quali attività lavorative sono più inclini all’automazione?

Quasi un quinto del tempo trascorso nei posti di lavoro americani include operazioni fisiche o il controllo di macchinari in un contesto prevedibile. I lavoratori compiono specifiche azioni in un ambiente in cui ci sono poche probabilità di cambiamento.

Considerando questi dati, McKinsey stima che la fattibilità tecnica per l’automazione di queste attività sarà del 78%. Quindi settori come quello manifatturiero, della ristorazione e della vendita al dettaglio hanno maggiori possibilità di essere automatizzati. Ad esempio, circa il 59% delle attività del manifatturiero (confezionamento, saldatura, manutenzione, ecc.) potranno essere svolte dalle macchine.

Per i lavori fisici prevedibili, la percentuale della fattibilità tecnica per l'automazione è del 78%. Per i lavori fisici imprevedibili è del 25%.
Per i lavori fisici prevedibili, la percentuale della fattibilità tecnica per l’automazione è del 78%.
Per i lavori fisici imprevedibili è del 25%.

Ma il settore manifatturiero è al secondo posto della classifica che raccoglie quelli a maggiore rischio di automazione. Al primo posto c’è il settore della ristorazione: quasi la metà di tutto il tempo di lavoro include azioni fisiche prevedibili e l’uso di macchine per la pulizia, preparazione e il servizio del cibo, insieme alle attività per la raccolta e pulizia dei piatti. Secondo McKinsey, il 73% delle attività lavorative svolte nel settore della ristorazione hanno il potenziale per essere automatizzate.

Ciò non dovrebbe sorprenderci: sono anni che nei bar e nelle case possiamo affidarci anche alle macchinette del caffè automatiche. Col tempo sempre più strumenti e operazioni di questo tipo verranno svolte da macchine e robot. Hai mai sentito parlare del robot di Momentum Machine in grado preparare 360 hamburger all’ora? Ovvio che, oltre alla qualità del cibo, un’azienda dovrà considerare anche i costi dell’automazione. Pure questo può influire sui tempi del processo di automatizzazione delle attività e dei servizi a livello globale.

Il settore della vendita al dettaglio ha molte possibilità di essere automatizzato. Secondo le analisi di McKinsey, il 53% delle sue attività incontrerà l’automazione: stoccaggio, imballaggio, gestione delle informazioni sui clienti e sui prodotti, logistica e la raccolta di dati sul molte altre attività sono operazioni facilmente replicabili da macchine e robot. Ma la vendita al dettaglio richiede anche abilità cognitive e sociali, soprattutto nel rapporto con la clientela. In questo le macchine, per ora, non sono un granché.

I lavori di contabili, commercialisti e impiegati di controllo, invece, richiedono competenze e formazione. Ma le attività che svolgono costano meno in termini di automazione perché sono sostituibili grazie a programmi software molto semplici ed economici.

Quali le attività lavorative a rischio di automazione, ma non troppo?

Negli Stati Uniti un terzo del tempo lavorativo è speso per le mansioni di raccolta ed elaborazione dei dati: entrambe le attività hanno possibilità di essere automatizzate superiori al 60%. Molte azioni di queste attività lavorative sono state affidate alle macchine già un po’ di tempo fa. Ma il progresso della tecnologia digitale sta migliorando sempre più l’aspetto quantitativo e qualitativo di queste attività.

I servizi finanziari e assicurativi sono l’emblema di questa evoluzione tecnologica, economica e sociale. Il settore richiede che i lavoratori abbiano elevate competenze professionali. Tuttavia, il 50% del tempo di lavoro complessivo in questo settore è dedicato alla raccolta e all’elaborazione dei dati: processi ad alto rischio di automazione. Di conseguenza, il settore finanziario ha il 43% di possibilità di automatizzare il tempo dei suoi impiegati. Ma anche in questo caso, alcune attività sono più inclini all’automazione rispetto ad altre.

L’elemento automazione si insidia anche dove c’è una grande quantità di attività fisiche o di operazioni con le macchine in contesti imprevedibili. Ad esempio nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e dell’edilizia. Controllare una gru in un cantiere edile, fornire le prime cure come paramedico, raccogliere i rifiuti nelle aree pubbliche, costruire materiali per le classi scolastiche, fare i letti nelle camere d’albergo sono tutti esempi che rientrano in questo caso. Queste attività, attualmente, sono difficili da automatizzare con le tecnologie che abbiamo oggi a disposizione: infatti, la possibilità che vengano svolte da robot è solo del 25%.

Quali le attività lavorative con meno possibilità di essere automatizzate?

Le mansioni che più difficilmente verranno automatizzate, considerando la tecnologia attuale, sono di due tipi e riguardano:

  1. la direzione e formazione del personale (9%)
  2. le competenze per il processo decisionale, la pianificazione e il lavoro creativo (19%)

 

Sono quelle attività che svolgono i cosiddetti lavoratori della conoscenza: programmare software, creare siti web, gestire la comunicazione online, scrivere materiali pubblicitari e così via. In questi casi è ancora indispensabile l’intervento umano per stabilire obiettivi, interpretare risultati e trovare soluzioni. In due settori, in particolar modo, ciò è ancora più evidente: sanità ed istruzione.

In generale, il settore sanitario ha un potenziale di automazione del 36%. Ma la percentuale si abbassa per quelle attività che richiedono particolari competenze e il contatto con i pazienti. Per esempio, secondo McKinsey meno del 30% delle attività di un infermiere potrebbe essere automatizzato. Per gli igienisti dentali la percentuale diminuisce addirittura fino al 13%.

Allo stesso tempo alcune attività per l’assistenza sanitaria, come la preparazione del cibo negli ospedali e la somministrazione di farmaci (non per via endovenosa), potrebbero essere automatizzate se le tecnologie di oggi venissero adattate. Di sicuro la raccolta di informazioni dei pazienti e della loro salute è una delle operazioni più a rischio di automazione. Persino le attività più complesse come fare l’anestesia o leggere delle radiografie in futuro potrebbero essere automatizzate. In effetti, i robot radiologi non sembrano poi così lontani dall’essere sviluppati.

Il settore che meno di tutti è esposto all’automazione è quello dell’istruzione. Certo, la tecnologia digitale sta trasformando in modo costante questo settore: contenuti multimediali, musei virtuali, piattaforme per imparare online, eccetera. Ma per il momento, l’essenza dell’insegnamento è composta da una grande esperienza e dalla complessa interazione con gli studenti. È del 27% il potenziale di automazione del settore dell’istruzione, considerando in particolar modo quella fornita ai margini e al di fuori delle aule scolastiche/universitarie. Qui però le macchine potrebbero ridurre i costi amministrativi senza danneggiare la qualità degli insegnamenti.

Altri frammenti sul futuro del lavoro

Con il progresso della tecnologia, è facile che il numero di attività lavorative automatizzate aumenterà. Stiamo creando nuove tecniche per fare in modo che i robot lavorino in tutta sicurezza nelle fabbriche. Ciò comporta anche avere più possibilità di avere un’efficiente collaborazione tra robot e umani in contesti imprevedibili. Ad esempio, robot come YuMi di ABB Robotics possono lavorare al fianco di un operaio senza mettere a rischio la sua salute e procurando diversi benefici in termini di produzione e impatto sull’ambiente.

Secondo il rapporto di McKinsey, una grande innovazione tecnologica potrebbe arrivare nel momento in cui le macchine saranno in grado di comprendere il linguaggio naturale a un livello simile alla prestazione media umana: ovvero quando i computer riconosceranno i concetti espressi dalle persone nelle loro conversazioni quotidiane. Per il settore della vendita al dettaglio sarebbe qualcosa di rivoluzionario: si passerebbe dal 53% al 60% di potenziale tecnico di automazione. Per quello della finanza il passaggio sarebbe addirittura dal 43% al 66%.

Ma come segnalato nel rapporto di McKinsey, il potenziale tecnico di automazione da solo non basta. Entreranno in gioco anche altre variabili come i costi, i benefici ottenibili, i regolamenti, i fattori sociali e la relazione tra domanda e offerta di lavoro.

Come fare per prepararsi al meglio?

I dirigenti devono accettare la sfida e comprendere le tecnologie della raccolta e dell’elaborazione dei dati, dell’automazione, dell’intelligenza artificiale. Queste trasformazioni capovolgono i processi di business e la cultura dell’organizzazione. Capire quali sono le attività destinate ad essere automatizzate è importante. Ci permette di ripensare il rapporto tra tecnologia e lavoratori nelle industrie e nelle aziende.

Sembra sia arrivato il momento di smettere di chiedersi se il proprio lavoro è a rischio a causa dei robot. Oggi i computer e le macchine sono più utili, precise e veloci in determinate attività. Domani lo saranno anche in altre operazioni, come abbiamo potuto vedere dai risultati dello studio. Alcuni lavori non esistono più, ne moriranno e nasceranno altri.

Non esistono certezze. L’unica certezza è che stiamo assistendo a una trasformazione delle professioni, dell’organizzazione dell’ambiente di lavoro e dei rapporti tra i lavoratori umani e non. E ci aspettano tante altre innovazioni nei settori dell’intelligenza artificiale e della robotica. Per cui da qui a 10 anni potrebbe succedere di tutto. È l’evoluzione digitale.

Fonte: McKinsey

Fonte immagine: Flickr

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