I ricercatori della Washington University School of Medicine e dell’University of Illinois hanno costruito una sorta di sonda neurale wireless larga quanto un capello. Può essere impiantata nel cervello e attivata tramite un comando remoto. Il dispositivo è in grado di trasportare i farmaci al cervello e di attivare determinati gruppi di cellule cerebrali.
L’esperimento
La ricerca si è basata sui precedenti studi sulla optogenetica. Attraverso tecnologie ottiche e genetiche, è possibile rendere le singole cellule cerebrali sensibili alla luce. Quindi si possono attivarne alcune tramite dei lampi di luce. La sonda neurale, morbida come il tessuto cerebrale, è composta da 4 camere per trasportare i farmaci direttamente nel cervello attraverso canali microfluidici e pompe in microscala.
I ricercatori hanno condotto un esperimento sui topi da laboratorio. Hanno dimostrato che, portando un farmaco a un lato del cervello dell’animale, possono stimolare i neuroni coinvolti nel movimento. In questo modo inducono l’animale a camminare seguendo una traiettoria circolare.
In altri topi, invece, gli scienziati hanno proiettato la luce sulle cellule cerebrali che rilasciano una proteina sensibile inducendole a rilasciare la dopamina, un neurotrasmettitore che premiava gli animali facendoli sentire bene. Ma gli scienziati sono stati anche in grado di interferire con questo processo controllando da remoto il rilascio di un farmaco che blocca l’azione della dopamina.
L’attivazione delle cellule cerebrali con appositi farmaci e con la luce consente agli scienziati di comprendere meglio il complesso funzionamento del cervello. Sperano di poter incorporare prossimamente un dispositivo simile alle cartucce delle stampanti in modo che i farmaci possano essere continuamente trasportati nel cervello per il tempo necessario e per sostituire l’intera sonda.
Il parere degli scienziati
Il dottor James Gnadt, program director al National Institute of Neurological Disorders and Stroke, ha affermato: “Questo è il tipo di sviluppo di uno strumento rivoluzionario di cui i neuroscienziati hanno bisogno per mappare l’attività del circuito cerebrale.“.
“È molto più in linea con gli obiettivi del BRAIN Initiative dell’NIH, un programma progettato per accelerare lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie per far luce sui complessi legami tra la funzione e il comportamento del cervello.“.
Secondo Jae-Woong Jeong, assistente professore di ingegneria elettronica, informatica ed energetica all’Università del Colorado, questo dispositivo potrà aiutare anche le persone con disturbi neurologici. “Il dispositivo può rimanere nel cervello e funzionare per molto tempo senza causare infiammazione o danni neurali.“.
Gli scienziati sostengono che questa tecnologia un giorno potrà essere utilizzata per il trattamento del dolore, della depressione, dell’epilessia e di altri disturbi neurologici. Senza che vi sia il rischio di effetti collaterali. Ciò sarà possibile soprattutto grazie ai progressi della nanotecnologia. Cioè quella scienza che si occupa di sviluppare tecnologie di grandezza inferiore al nanometro (un miliardesimo di metro).
Scenari futuri
Gli esperimenti precedenti sul trasporto di farmaci o altre sostanze (come enzimi) nel cervello erano stati condotti su animali che dovevano essere legati a pompe e a tubi rigidi. I loro movimenti erano molto limitati e ciò influiva notevolmente anche sul loro stato psico-fisico. I primi risultati della sonda neurale fanno ben sperare in esperimenti meno invasivi e più efficaci.
Grazie ai progressi della nanotecnologia e dell’optogenetica, potremo assumere farmaci che sostituiranno terapie complesse. Non dovremo più recarci periodicamente dai medici. Ma anche altre tecnologie in via di sviluppo potranno aiutarci a capire meglio il funzionamento del cervello. Quindi potremo agire con più precisione per curare determinati disturbi.
Ad esempio, attraverso dei trapianti neuronali potremo risanare specifiche funzioni del cervello. Inoltre, alcuni scienziati hanno rigenerato dei nervi per curare le lesioni alla colonna vertebrale.
Tutti questi progressi ci permetteranno di applicare terapie più adeguate e precise, così precise che probabilmente potremo parlare di medicina personalizzata. Cioè di una medicina fatta su misura per ognuno di noi, per risolvere “il” nostro problema e non “un” problema generale.
E questo per quanto riguarda il cervello. Ma gli scienziati credono che tale metodo potrà essere adottato anche per curare altri organi e tessuti. A quel punto assisteremo una vera e propria rivoluzione della medicina.